Vues et vécus en Algérie et ailleurs. Forum où au cours des jours et du temps j'essaierai de donner quelque chose de moi en quelques mots qui, j'espère, seront modestes, justes et élégants dans la mesure du possible. Bienvenue donc à qui accède à cet espace et bienvenue à ses commentaires. Abdelmalek SMARI
Conoscevi la lingua Italiana?
No, non la conoscevo prima di arrivare in Italia. Ma come ti dicevo, sono stato sedotto per la prima volta dalla sua musicalità sull’aereo che mi portava da Algeri a Roma.
Certo, tutte le lingue sono musicali, a condizione che trovino l’orecchio degno (interessato o intelligente) di saper gustarle.
Per un anno non sono stato in grado di capire una frase completa dei discorsi che facevano gli italiani tra di loro. Morivo d’impazienza di poterli capire quando parlavano.
Anche quando leggevo – ed ho cominciato a leggere in questa lingua fin dai primi giorni -, leggevo anche se non ci capivo un tubo.
Ma un giorno, così, senza rendermene conto, “appresi” di colpo a capire tutto, come se questa lingua non mi fosse mai stata estranea, nuova.
È stato come un clic. Mi sembrava di vivere un miracolo.
Ovviamente non credo nei miracoli, ma svegliarmi una mattina con una nuova lingua a mia disposizione, pronta all’uso, non mi lasciva indifferente.
In quali ambiti hai avuto maggiore difficoltà?
Non ho avuto problemi particolari di comunicazione, se escludo le prime settimane dopo il mio arrivo.
Mi ricordo ora che il Centro de La Tenda ci aveva regalato un biglietto per assistere a un concerto di un cantante egiziano. Ero seduto vicino a una bella signora che aveva intrapreso di parlarmi. Era piacevole. Purtroppo dopo solo quattro cinque frasi e sforzi immani per capirci, lei rinunciò alla conversazione noiosa e faticosa e m’ignorò.
E non era bello per me.
Ma, per difficili che fossero o mi potessero sembrare, questo tipo di problemi pratici, non erano importanti né insormontabili. Il vero problema, che mi tormentava, e mi tormenta tuttora, è la difficoltà nello scrivere.
Io sono un po’ esigente verso me stesso: non voglio apparire banale; una caratteristica che mi costringe sempre a fare degli sforzi senza tregua né pace per dire delle frasi semplici. Devo sempre cercare le parole giuste, belle, adatte!
La lingua è stata più un ponte o un muro?
La lingua non può essere un ostacolo, al contrario, è l’assenza di una lingua comune, condivisa ed adoperata da persone di provenienze culturali diverse, che innalza mura e tesse con fili di ferro spinato cortine tra i mortali.
Non è un caso che i condottieri e le classi dominanti di due nazioni avverse, in situazione bellica – fra tante altre strategie di separazione dei loro popoli – cercano essenzialmente di accentuare le differenze, linguistiche in particolar modo, per accrescere o creare ex novo l’ostilità tra i loro popoli.
La storia umana è piena di queste diaboliche ma patetiche strategie di “divide et impera” che tendono a tagliare ogni ponte (linguistico soprattutto) tra i popoli.
Ne abbiamo degli esempi evidenti: la distinzione e gerarchizzazione dei popoli in chiave di supremazia razziale di un De Gobineau e il suo maestro Blumenbach, o quella linguistica cara a Ernest Renan.
Un altro esempio, ben analizzato e, soprattutto, deriso da Umberto Eco, ne è la pretesa di ogni popolo di considerare la propria lingua come la lingua del paradiso, come la lingua madre di tutte le altre lingue.
Un altro scempio di questi luoghi comuni comici si trova dalla parte dei nazisti, dove la Scienza è scissa in scienza nobile (tedesca) e scienza impura (ebrea)!
“La strada francese”, “le nespoli francesi” i fichi dei cristiani”… che il dialetto algerino, durante l’occupazione francese, si era inventato ne è un altro esempio.
Queste espressioni sono state inventate nello scopo di estirpare a partire dal corpo “arabo/berbero” autoctono, una costola per crearne una realtà ben visibile e concreta, per distinguersi identitariamente dal corpo estraneo che logorava l’identità del popolo algerino.
Questo fenomeno abbastanza curioso, del resto, non mancò di attirare l’attenzione di Franz Fanon. Fenomeno a cui, poi, questo figlio (per seduzione) della rivoluzione algerina aveva tentato di analizzare e di spiegare magistralmente.
Quando non conoscevo la lingua italiana, sentivo tra me e i miei interlocutori un iato, un muro alto e liscio, inarrampicabile.
Oggi invece questa lingua è piuttosto la mia lingua di comunicazione dominante, egemonica, poiché uso quasi solo essa per entrare in contatto con l’altro.
La lingua è come il potere secondo Andreotti: essa logora e mette in difficoltà soltanto coloro che non ce l’hanno.
Per il resto, io cerco di tornare in Algeria tutti gli anni dai miei familiari e amici che mi ricaricano le batterie, linguistiche soprattutto, e mi aggiornano sulla vita del paese.
Nonostante questo ressourcement quasi regolare, col passar degli anni, mi sono reso conto che la lingua e la sensibilità di questi amici e questi familiari erano evolute, cambiate.
Ho scoperto che in realtà la mia lingua personale era rimasta indietro!
Anni fa, avevo fatto un viaggio a Malta. Ho scoperto che la lingua di questo paese è araba. È una lingua che assomiglia a un dialetto che parliamo nell’est dell’Algeria. Ma ho notato che alcune parole, ancora d’uso a Malta, erano diventate antiquate da noi!
Non so quale situazione mi ha fatto scoprire l’altra: è stata Malta ad apprendermi che ero rimasto indietro linguisticamente rispetto al livello della mia comunità, oppure è stata la mia lunga assenza che mi ha fatto notare questa somiglianza con Malta, che le potenze vaticane e colonialiste hanno allontanato, religione e lingua, dalla sua matrice araba.
Comunque io cerco di mantenere un rapporto sereno con la mia gente e il mio paese.
In fine del percorso, cos’altro posso aggiungere?
Ho abbandonato il progetto di proseguire i miei studi universitari per dedicarmi alla scrittura letteraria.
Addio dottorato!
Addio docenza universitaria!
Addio ritorno!
La lingua italiana è diventata ormai la mia lingua d’uso quotidiano. Anche quando vado all’estero, tendo a parlare in italiano!
Non perché snobbo la mia lingua madre, ma perché la lingua di Calvino è tutto ciò che ho a portata di mano, a furia di adoperarla ad oltranza.
A parte la scrittura, ho lavorato come impiegato per la Feltrinelli e sto lavorando adesso per un’altra struttura educativa. Anche perché, non si può vivere che di letteratura, cioè senza un lavoro.
Ho anche insegnato Arabo agli italiani e lo sto insegnando tuttora.
Devo dire che questi corsi mi hanno aiutato a perfezionare la mia conoscenza della lingua araba e di quella italiana.
Hai nostalgia del tuo paese?
Per fortuna, la nostalgia non è un sentimento negativo.
La nostalgia è una malinconia certo ma che la speranza addolcisce. Essa non è quel mostro della depressione che ti prende e ti soffoca dopo che ti fa disimparare cosa significhi la speranza!
Sì a volte ho nostalgia del mio paese, e mi vien da chiedermi: perché sono qui invece di essere là? E quant’anche non mi viene in mente, ci pensano i miei amici e i miei familiari. Dopo tutto, anche loro hanno nostalgia di me, no?!
Ma dall’altra parte ho delle consolazioni non indifferenti. Ad esempio, sono abbastanza vicino, ad un’ora e mezzo di volo, dalla mia città, e posso andarci facilmente ogni volta che mi viene voglia.
In più sono riuscito a mantenere le mie amicizie dell’Algeria. Ci sentiamo spesso col telefono o attraverso face book.
Infine, mi sono creato un Blog nel quale scrivo in francese/italiano/arabo. In francese soprattutto, perché i miei connazionali possano leggermi.
Uso il francese anche per la comodità di tastiera.
La lingua italiana non è conosciuta proprio in Algeria, se escludiamo bonaserra, tchao, mammamia, capuccino, italiano…
Poi, viviamo anche di ricordi!
Prima di venire a mancare, mio padre mi aveva mandato una fotografia con, sul retro, alcune sue parole. Ne ho fatto una copia, l’ho incorniciata e appesa vicino alla mia scrivania.
Mi ricordo specialmente di un detto che lui mi ripeteva sempre, come per inculcarmi l'abnegazione, come per dire “non abbandonare i tuoi progetti”: “L'erba lisca, la devi afferrare con forza, altrimenti ti taglia.”
Un bilancio e le prospettive future
Noi, esseri umani, facciamo sempre dei bilanci della nostra vita. E siamo difficilmente contenti di quello che abbiamo fatto! Guardiamo con voglia matta sempre ciò che avremmo potuto fare ma non siamo riusciti a fare!
Personalmente, a volte, dico ho vissuto liberamente, non sono stato mai costretto a fare quello che ho fatto e sono orgoglioso.
Ma nello stesso tempo questa mia stessa libertà mi ha generato dei momenti di grandi amarezze. Infatti, per l’amore di questa libertà, ho sacrificato tante altre dolcezze; un sacrificio che mi fa male, che sento come una lama di fondo che percorre continuamente quest’oceano che è in me, che è la mia vita.
Per il momento continuo così, però con l’età comincio a pensare a dove sto andando, ma li è un’altra battaglia per prendere una decisione.
Abdelmalek Smari