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Vues et vécus en Algérie et ailleurs. Forum où au cours des jours et du temps j'essaierai de donner quelque chose de moi en quelques mots qui, j'espère, seront modestes, justes et élégants dans la mesure du possible. Bienvenue donc à qui accède à cet espace et bienvenue à ses commentaires. Abdelmalek SMARI

LA LINGUA DELLO SCRITTORE (5)


 

La lingua Tamazight, il berbero, in un prossimo futuro, sarà insegnata in tutte le scuole della repubblica, e non solo nelle regioni berberofoni.

 

Bilinguismo e crisi d’identità

Bisogna ripetere qui, come premessa a questa sezione, che non esiste al mondo un paese il cui popolo parli una sola lingua, tranne forse Cuba, come abbiamo visto più sopra. (43)
Cos’è il bilinguismo?
È la capacità che ha un individuo o un gruppo di individui di conoscere ed usare, assieme alla propria lingua madre, la lingua di un altro popolo.
Senza entrare nel merito del complessissimo fenomeno del bilinguismo, in questo scritto mi accontenterò di alcune brevi ma fondamentali indicazioni tratte dalla mia esperienza di algerino che ha il francese come seconda lingua.
Nel caso dell’Algeria, però, si tratta della copresenza di tre lingue che si accoppiano generalmente nella maniera seguente: arabo/francese, berbero/francese e arabo/berbero.
I berberofoni spesso conoscono l’arabo e/o il francese.
Comunque se il berbero e l’arabo sono autoctoni, il francese è non solo una lingua straniera ma è anche e soprattutto una lingua imposta con violenza al popolo algerino per via dell’occupazione francese dell’Algeria.
Infatti, tra un’infinità di misure che la Francia prese per cancellare l’identità degli algerini, c’erano il divieto e la messa al bando della lingua araba, lingua della maggioranza (il berbero essendo allora una specie di dialetto non codificato e senza statuto di lingua).
È ovvio che un tale bilinguismo – realizzatosi in una situazione di rapporti di forza perversa – potrebbe rivelarsi portatore piuttosto di crisi d’identità che si manifesta con certi sintomi gravi come, tra tanti altri, la perdita di fiducia e di stima nella propria lingua. È di questo bilinguismo e delle sue conseguenze nefaste sulla popolazione detta bilingue che io parlo.
L’altro bilinguismo invece – quello in cui l’individuo o il gruppo adottano una seconda lingua per libera scelta – è esente di tali problemi di identità, poiché è la lingua madre che mena il gioco e, da “padrona di casa”, non si lascia sicuramente calpestare.
Anzi, la lingua straniera in tal caso è introdotta liberamente e con voglia, e sarà considerata quindi come una preziosa ospite.
“Ma – scrive Chadly Fitouri – ci volle lo shock del primo veicolo spaziale – lo Sputnik sovietico – perché la padronanza di una lingua straniera si trasformi in un desiderio d’acquisizione personale, in caso urgente di necessità nazionale. Improvvisamente, milioni di persone si resero conto che non erano state informate di quanto stava accadendo nei paesi che avevano creduto a lungo poco evoluti.” (44)
Si può dire lo stesso dell’inglese in questa nostra epoca, di cui alcuni zelanti vogliono quasi fare addirittura una seconda lingua madre per i loro bimbi italiani, francesi o russi stessi!
Di fronte all’offensiva del secolo americano, quasi tutti i popoli della terra si stanno facendo invadere, endemicamente, e soggiogare collettivamente, ben volentieri, colonizzare proprio, da una lingua straniera.
Per il resto il bilinguismo del cittadino di un paese che è stato colonizzato, acculturato e alienato, è diverso da quello del cittadino il cui paese non è stato vinto e la cui lingua non è stata messa al bando e vietata ai suoi.
Il bilinguismo che può far male è quel bilinguismo del tipo che abbiamo, noi, in Algeria – molto diverso di quello che possono avere altri paesi con l’inglese -, per il fatto che non si ha alcuna possibilità di scegliersi la lingua straniera che si vuol parlare oltre a quella madre.
Questa seconda lingua, imposta, non sarà quindi che una lingua del pane; sempre che quel pane sia raggiungibile!
La Francia aveva, di fatto, vietato agli algerini la lingua araba, considerandola addirittura come lingua straniera; nel contempo aveva fatto di tutto per mantenere nell’analfabetismo totale gli autoctoni.
A parte una minoranza “privilegiata” – spesso non arrivava neanche a concludere il ciclo della scuola elementare -, il popolo algerino era quindi completamente tagliato fuori, abbandonato a se stesso, senza la minima istruzione.

Tutto ciò che gli era rimasto, risiedeva in questi due dialetti o sabir: arabo e berbero.
Così, la Francia mise gli algerini in una condizione disumana, violenta e destabilizzante; condizione che, per parafrasare Fitouri (45), aveva fatto degli algerini un popolo analfabeta, miserabile, spossessato delle sue terre e delle sue tradizioni rurali (profondità strategica per ogni popolo degno di questo nome) e buttato nella periferia della civiltà e della storia.
Quel che è successo ai paesi colonizzati, non è un contatto di culture, bensì un’acculturazione, una destrutturazione della cultura autoctona.
“Basti prestare orecchio, dice ancora Fitouri, nei corridoi dell’università o nei luoghi pubblici per rendersi conto dello stato di degrado in cui si trova la lingua di tutta questa categoria di popolazione che è stata iniziata, dal gioco della scolarizzazione, al bilinguismo e al biculturalismo.” …

“L’Algeria in particolar modo” aggiunge Fitouri nella nota al piè di pagina. (46)
Quindi quel abbiamo in Algeria è un bilinguismo imposto ed assimilato fintamente, quindi falso e perverso. In più, bisogna aggiungergli il fatto aggravante seguente: questa lingua, il francese in Algeria, viene assimilata diversamente dalle diverse classi sociali. Rarissimi (forse inesistenti) quelli che la usano a casa, pochi ne hanno una reale padronanza, parecchi non ne sanno che alcune parole o espressioni ormai entrate a fare parte dei due “dialetti”: il berbero e l’arabo. Il resto ne ha una conoscenza scolastica discreta: chi più chi meno rispetto alla media.
A proposito dell’aberrazione di questo imposto bilinguismo, cito a caso alcuni errori stupidi (qui in seguito tra virgolette piccole) che ho trovato in un quotidiano algerino di lingua francese, il “francofonessimo” El Watan, un organo “vicino” all’ambasciata francese:
« Il refuse l’identité de la partie “qu’il l’a” attaqué. » invece di « Il refuse l’identité de la partie qui l’a attaqué. » o ancora « Il refuse l’identité de la partie qu’il a attaquée. » (47)
Questo è un errore solo (quel che ho scorto io) in tutto l’articolo, però… ma in un altro articolo dello stesso quotidiano datato del 25-11-16 ne ho trovati tanti, a volte due nella stessa frase!
« … “a pu lui affiché” sa considération » ! « … je ne “peux pas oublié” » ! « … jusqu’au jour où le conflit “s’éclate” » « … C. A. d’El-khabar, “attristé et se souvient” des moments où “il commencé” avec lui… » « … “un belle jour” » (48)
Se cerchiamo di rappresentare il bilinguismo algerino con la parabola gaussiana, avremo la maggioranza degli algerini che hanno una conoscenza scolastica del francese e sui lati della parabola si trovano da una parte gli “assimilati” e dall’altra i “refrattari”.
Tuttavia, per un motivo di propaganda, gli assimilati (che si contano fra i potenti e i dignitari della classe dominante) spesso ci presentano il “successo” dei loro figli come una realtà che copra e caratterizzi il resto delle classi maggioritarie “fallite” o per lo meno poco o per nulla bilingui.
Concludendo con Fitoury, posso dire che il bilinguismo dei popoli vinti, gli ex colonizzati, è il frutto di “uno scontro necessariamente traumatizzante tra una cultura aggressiva e dominatrice e una cultura aggredita e i cui meccanismi di difesa erano profondamente guasti, ciò non poteva che sbocciare su un’atomizzazione socioculturale, preludio ad un verosimile processo di disintegrazione della cultura e, al limite, della società.” (49)
Terminerò con questo aneddoto che Umberto Eco attribuì a Francis Bacon che incitava i cristiani ad “imparare la lingua degli infedeli [mussulmani ed ebrei] per sottrarre loro le perle di saggezza che non hanno alcun diritto di possedere.” (50)
Ed io direi: imparare la lingua di Francis Bacon per sottrargli le perle di saggezza di cui i suoi cristiani ci avevano derubato e che non hanno alcun diritto di possedere solo loro. Ed è proprio ciò che gli algerini dell’Algeria indipendente, grazie alla scuola nazionale, cercano di fare:
1 – ripristinare la lingua araba, lingua ufficiale della maggioranza, promuoverla e difonderla.
2 – occuparsi della lingua Tamazight, il berbero, riconoscerla (da semplice dialetto, è diventata una lingua nazionale, poi una seconda lingua ufficiale del paese), promuoverla e diffonderla (in un prossimo futuro sarà insegnata in tutte le scuole della repubblica, e non solo nelle regioni berberofoni).
3 – correggere e sanare le aberrazioni del rapporto anomalo che hanno con la lingua francese, imparandola bene, liberamente e senza alcun complesso.
4 – infine, aprirsi sulle altre lingue del mondo

Abdelmalek Smari

 

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Riferimenti Bibliografici  

(43) – English actually, ibidem.
(44) – Chadly Fitouri – « biculturalisme, bilinguisme et éducation » Ed. Delachaux et Niestlé, Éditeurs Neuchâtel-Paris, 1983.
(45) – Chadly Fitouri, op. cit.
(46) – Chadly Fitouri, op. cit.
(47) – Fayçal Metaoui, http://www.elwatan.com/culture/sila-2016-passer-a-l-age-numerique-28-10-2016-331688_113.php
(48) – Nassima Oulebsir, http://www.elwatan.com/actualite/le-journaliste-bachir-hamadi-inhume-hier-25-11-2016-333584_109.php
(49) – Chadly Fitouri, ibidem.
(50) – Umberto Eco, ibidem.

 

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