Vues et vécus en Algérie et ailleurs. Forum où au cours des jours et du temps j'essaierai de donner quelque chose de moi en quelques mots qui, j'espère, seront modestes, justes et élégants dans la mesure du possible. Bienvenue donc à qui accède à cet espace et bienvenue à ses commentaires. Abdelmalek SMARI
"Non ho detto niente che fosse a me,
non ho detto niente che fosse di me,
ah! ditemi l'origine
delle parole che cantano in me! "
Jean El-Mouhoub Amrouche, Étoile secrète
Quando decisi di scrivere “Il poeta si diverte”, adesso me ne rendo conto, avevo già maturato un po' di prerequisiti di quella scrittura e della scrittura in generale.
Avevo divorato tanti scritti teatrali di un grande drammaturgo egiziano Tawfik El Hakim e di altri arabi e francesi (ed opere di altri scrittori del mondo tradotte soprattutto in francese).
Fra queste opere c'era una col titolo “Neronissime ou l’empereur s'amuse” di Hubay Miklòs.
Penso però che questo titolo non era affatto originale nemmeno per Hubay, perché lo stesso Victor Hugo aveva scritto una pièce col titolo “Le roi s'amuse”.
Questo tipo di prestiti o di scambi si fa normalmente non solo nella vita letteraria, ma anche in quella della vita in generale.
“Lei sembra essere stato influenzato dai film di Antonioni.” chiese un intervistatore allo scrittore Don Delillo ( http://www.lesinrocks.com/2010/08/26/livres/don-delillo-je-nen-sais-pas-plus-que-le-lecteur-1126560/ ), e Delillo gli rispose mostrando quanto è lungo e tortuoso il cammino che prende una data opera (in questo caso il suo breve romanzo Omega point) prima di uscire alla luce del giorno:
“Il mio libro - dice Delillo - non ha nulla a che fare con Antonioni, ma con Hitchcock. Nel 1950, dopo un delitto commesso nel Midwest, un giornalista ha scritto un articolo, in seguito uno scrittore ha fatto un romanzo da cui qualcuno ha tratto uno scenario e Hitchcock ha fatto il suo film. Poi ci fu Psycho 2 e 3, e Gus Van Sant ne ha fatto un remake inquadratura per inquadratura. Infine, ci sono stati 24 Hour Psycho di Douglas Gordon e ora c'è Punto Omega.”
Da parte sua, il grande critico Tzvtan Todorov, per cui la letteratura è un incontro, tramite il linguaggio, con “le reminiscenze e anticipazioni dei discorsi passati e futuri” scrive nella stessa direzione di Delillo:
“Quando leggiamo un'opera, leggiamo sempre più di un'opera: entriamo in comunicazione con la memoria letteraria, la nostra propria, quella dell'autore, quella dell'opera stessa; le opere che abbiamo già lette, e anche le altre sono presenti nella nostra lettura, ed ogni testo è un palinsesto.” T. Todorov “Critique de la critique”.
Io immagino lo scrittore come un navigatore più o meno esperto, più o meno intuitivo; la sua lingua come una promessa più o meno civetta, più o meno equivoca; come delle fotografie istantanee dei paesaggi visti e delle distese attraversate, e la letteratura delle epoche passate e quelle future come un oceano di cui, forse, mai uomo avrà idea dei suoi contorni e delle sue pieghe, né se esistano tali contorni e pieghe.
Quando leggevo “Neronissime”, il libro e il suo contenuto per me erano tutto tranne una fonte di ironia, come lo lasciava intendere il titolo.
Consideravo allora il libro, qualsiasi libro, come era tradizione in mio padre, una fonte di verità, di serietà, e quindi di venerazione! Io amo tuttora i libri, ma con più realismo e con un pizzico di disincanto, ovviamente, di ironia appunto.
Ma anche quando scrivevo Fiamme in paradiso – Il saggiatore 2000 -, non sapevo che si prestava a tanta ironia. Ci voleva qualcuno che se ne intendeva per farmelo capire!
La mia frequentazione delle serate letterarie de La tenda (un'Associazione culturale di Milano) – a cui sono gratissimo - c'entravano tanto nella mia educazione e formazione letteraria. Era là, in quel Centro culturale, che avevo cominciato ad imparare veramente cosa la parola Letteratura potesse significare, e capire l'importanza dell'ironia nella vita in generale e nella letteratura in special modo.
E quando Luca Fontana, l'Editor del Saggiatore, metteva mano al mio romanzo, in realtà egli metteva mano su una miniera di ironia. Me l'aveva confessato egli stesso.
Mi ha fatto scoprire che ero ironico senza che io lo sapessi e, soprattutto, che l'ironia era l'abbellimento senza il quale le nostre opere rimangono squallide, fredde, patetiche.
Dopo un tale clic, non mi restava che mettermi al lavoro, ma questa volta per produrre un'opera ironica, interamente ironica: Il poeta si diverte.
E naturalmente e allo stesso tempo mi era ritornato in mente il titolo dell'opera di Neronissime, e allora l'avevo capita meglio e forse interamente dopo anni di “equivoci”!
Sì, scrivere è anche un certo modo di capire il mondo.
L'ironia, quando non è “istrioneria”, dovrebbe essere uno strumento regale per il divertimento di stampo pascaliano. Nel senso di diversione dal persistere a guardare per tutta la nostra vita il volto della medusa, l'inesorabile possibilità di morire terrificati dall'idea di morire.
L'ironia in questo senso sarebbe il divertimento liberatorio per eccellenza: senza pretendere di denegare del tutto l'angoscia della morte, l'ironia la spacca in mille pezzi che ricadono davanti ai nostri occhi innocui, dispersi, sconnessi, quasi estranei gli uni agli altri e perciò contraddittori, assurdi, buffi, ridicoli. E noi non abbiamo nient'altro da fare che riderne.
Ridiamo di trionfo, direbbe un Sartre.
Liberati dall'angoscia di tutte le angosce, diventiamo sereni ed umani, pronti a godere la nostra vita nella dignità, a goderci le bellezze della vita.
Taddeo, il Presidente de La Tenda, si era accorto che quello scritto era un divertimento. Ma da uomo concreto, egli aveva pensato al disagio che la situazione della Ghorba, la difficile condizione dell'essere straniero, provoca nel protagonista.
Ed è in effetti così, se poniamo che le fatiche esistenziali non sono che maschere dell'angoscia letale di morte.
Abdelmalek smari 23-09-2016 -